Il ciclo di conferenze telematiche “Cultura e religione in Italia tra medioevo ed età moderna” intende approfondire il contributo dato negli ultimi anni dai giovani studiosi alla ricostruzione della storia politico-religiosa e culturale della Penisola in un periodo travagliato e ricco di trasformazioni che vide l’affermazione di modelli culturali che in un certo senso plasmarono l’identità e il carattere degli Italiani. Nella prima conferenza della serie Martina Mampieri, Silvia Manzi e Stefania Salvadori discutono dei risultati delle loro ricerche con Massimo Carlo Giannini e Franco Pierno. Modera Benedetto Ligorio.
Martina Mampieri, “Living under the Evil Pope. The Hebrew Chronicle of Pope Paul IV by Benjamin Neḥemiah ben Elnathan from Civitanova Marche (16th cent.)”, Brill, Boston-Leiden 2020
In “Living under the Evil Pope”, Martina Mampieri presents the Hebrew “Chronicle of Pope Paul IV”, written in the second half of the sixteenth century by the Italian Jewish moneylender Benjamin Neḥemiah ben Elnathan (alias Guglielmo di Diodato) from Civitanova Marche. The text remained in manuscript for about four centuries until the Galician scholar Isaiah Sonne (1887-1960) published a Hebrew annotated edition of the chronicle in the 1930s. This remarkable source offers an account of the events of the Papal States during Paul IV’s pontificate (1555-59). Making use of broad archival materials, Martina Mampieri reflects on the nature of this work, its historical background, and contents, providing a revised edition of the Hebrew text as well as the first unabridged English translation and commentary.
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Silvia Manzi, “Le lingue della Chiesa. Latino e volgare nella normativa ecclesiastica in Italia tra Cinque e Seicento”, FUP, Firenze 2018
Nei secoli centrali dell’Età Moderna il latino fu la lingua ufficiale della Chiesa di Roma, ma dall’analisi di bolle, editti e decreti emerge come il volgare fosse preferito quale lingua veicolare. Pur osteggiando la dottrina luterana, favorevole all’uso del volgare sia nelle Scritture sia nella liturgia, e riservando la conoscenza dei misteri della fede ai soli in grado di comprendere il latino, vescovi e inquisitori della Penisola utilizzarono proprio la lingua volgare per trasmettere bolle pontificie e decreti conciliari. Su quali temi era necessario farsi comprendere? Vi era fedeltà agli originali o si sfruttavano i margini di interpetazione per arginare la stretta repressiva imposta dal papato post-tridentino?
Martin Lutero, “Libro de la emendatione et correctione dil stato christiano, a cura di Stefania Salvadori”, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2019
Nel 1533 usciva a Strasburgo, presso Georg Ulricher, un piccolo testo in ottavo dal titolo “Libro de la Emendatione et Correctione dil stato Christiano”. Non era una semplice traduzione del ben più noto “An den Christlichen Adel deutscher Nation”, che Martin Lutero aveva pubblicato tredici anni prima, ne era anche un deciso rimaneggiamento, caratterizzato da una marcata libertà di resa rispetto all’originale e dalle numerose interpolazioni che amplificavano i toni polemici e ponevano al centro dell’aspra denuncia proprio la situazione ecclesiastica italiana. Chi l’aveva commissionato, chi lo aveva tradotto e a quale pubblico era destinato?
Per la prima volta si offre in questo volume un’edizione critica del “Libro de la Emendatione et Correctione dil stato Christiano” ricostruendone le divergenze rispetto all’originale tedesco e dando così voce alla particolare sensibilità religiosa e agli obiettivi teologici ultimi del suo traduttore. Un’ampia introduzione ricompone tutti gli indizi relativi alla genesi e alla ricezione di questo testo centrale per la diffusione della Riforma in Italia nella prima metà del Cinquecento, a partire soprattutto dal contesto veneziano.
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