La teologia del Mediterraneo della Chiesa Cattolica: dialogo interreligioso e integrazione economica politica e sociale
di Paolo Garonna1
In collaborazione con IASEM
Introduzione: il ritorno delle guerre di religione?
Al cuore del Mediterraneo troviamo oggi, e da sempre, “Terre Sante” e conflitti di civiltà. Non è un caso che le due guerre in corso, quella determinata dall’aggressione russa all’Ucraina e quella innescata dall’attentato terroristico di Hamas con la risposta israeliana contro Gaza, guerre pur tra loro molto diverse, hanno però in comune il loro svolgersi nel teatro del Mediterraneo. Entrambe i conflitti hanno inoltre una forte connotazione ideologica che va molto al di là dei motivi idiosincratici e locali che le animano: entrambe, infatti, rappresentano un attacco all’ordinamento internazionale egemonizzato dall’Occidente che ha caratterizzato il periodo storico dopo la Seconda guerra mondiale. Entrambe esprimono il tentativo di rivendicare ordinamenti internazionali alternativi a quello attuale, egemonizzati da paesi emergenti come la Russia, l’Iran, la Cina e l’India, o il complesso dei diversi Paesi che aderiscono ai BRICS+. E a radicalizzare questo attacco gioca un ruolo essenziale la contrapposizione dei valori sottostanti, quelli occidentali visti in contrapposizione con altri valori, diversi tra loro, spesso sottintesi, talora indeterminati, di cui si fanno portatori i paesi emergenti, uniti spesso solo dai loro propositi antioccidentali. Questo attacco si scarica sul Mediterraneo perché il Mediterraneo costituisce un punto di faglia tra i tre grandi continenti del vecchio mondo, l’Europa, l’Africa e l’Asia, snodo essenziale delle connessioni materiali e immateriali intercontinentali e quindi strettoia strategica per il controllo del pianeta.
Troviamo nel Mediterraneo un punto di criticità e un presupposto ideologico dei conflitti in corso: il “grande mare” infatti è culla delle maggiori religioni monoteistiche, l’Ebraismo, l’Islam e il Cristianesimo, con tutte le loro diverse denominazioni e articolazioni. Ecco perché ogni conflitto di potere nel Mediterraneo, che si tratti di accaparrarsi territori, materie prime, energia o popolazioni, si è trasformato nel passato e ancora oggi rischia di trasformarsi in scontro di religioni, culture e civiltà. Con ciò diventa suscettibile di mobilitare le animosità più profonde gli odi e i rancori e le masse, aprendo la stura ad efferatezze crudeltà e tragedie umanitarie senza limiti e proporzioni. Se guardiamo infatti, tanto all’aggressione di Putin che al terrorismo di Hamas, gli attacchi e le distruzioni si presentano o, meglio, vengono propinate dalle propagande belliciste, come “guerre sante”, contro la corruzione e la depravazione dell’Occidente, ovvero contro il colonialismo, l’occupazione di territori, le dislocazioni delle popolazioni autoctone. Si tratterebbe quindi nella logica perversa di chi ha scatenato queste guerre, di guerre “di civiltà” e per certi aspetti “di religione”, guerre che trovano il loro momento unificante nell’avere come obbiettivo il comune nemico dell’Occidente, e i valori e principi etici che lo sorreggono. Quindi, l’Islam contro l’Ebraismo e il Cristianesimo, la Terza Roma contro la prima e la seconda, la purezza delle origini contro le degenerazioni della modernità.
A complicare il problema sta il fatto che queste costruzioni ideologiche aberranti riescono a far presa non solo tra le masse diseredate e marginalizzate del sottosviluppo, ma persino in Occidente, tra gruppi sociali radicalizzati e disorientati, incapaci di inserirsi nel nuovo mondo iperconnesso e spersonalizzato, facile preda di populisti e di opposti estremismi.
In questo quadro così complicato e ideologizzato, data la natura e la pervasività dei conflitti, è chiaro che la difesa - pur legittima e necessaria - e l’arroccamento sui valori tradizionali da parte dell’Occidente non possono bastare a contrastare le aggressioni e vincere il terrorismo. Al contrario, questo tipo di difesa rischia spesso di validare e legittimare gli attacchi. A chi aggredisce chiamando in causa presunti “valori antioccidentali”, non si può rispondere semplicemente con un contro-attacco basato sulla difesa dei “valori occidentali”. Significherebbe cadere nella trappola della provocazione. Occorre invece soprattutto smontare le visioni del mondo distruttive e abusive diffuse dagli aggressori sui conflitti di valori, e proporre credibilmente scenari basati sulla condivisione e riconciliazione dei valori. Si tratta di proporre una visione del mondo fondata sui valori universali. Sono universali (non occidentali o orientali) i valori alla base della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. E sono universali i valori di cui sono portatrici le grandi religioni monoteistiche del Mediterraneo.
L’importanza di promuovere il dialogo interreligioso e l’universalismo dei valori.
Siamo dunque tornati alle “guerre di religione”? Non credo. Il confronto con il passato non è proponibile. Ma è certamente vero che la grande illusione della prima modernità uscita dal Medio Evo sembra svanita. L’illusione per cui tarpando le ali alle aspirazioni universalistiche medievali, confinandole e controllandole all’interno di Stati sovrani forti e secolarizzati (secondo la logica delle cd. “sovranità Vestfaliane”), si sarebbero potuti garantire tanto l’ordine interno che la pace nei rapporti interstatali. O almeno – si pensava- si sarebbero avute tra gli Stati “guerre regolate” soggette a codici e vincoli (lo ius belli), e quindi più accettabili sul piano della normalità dei rapporti di forza e di una presunta etica “realista” della modernità. Ci sono però volute due guerre mondiali sanguinose e tragiche per sgombrare il campo da questa pericolosa illusione: sono infatti stati proprio gli stati nazionali sovrani e secolarizzati quelli che hanno scatenato guerre di popoli o, meglio, di nazioni, guerre distruttive e pervasive alimentandole con le loro mitizzazioni discriminazioni e “pseudo-religioni” nazionali.
Nel Mediterraneo oggi vediamo scatenarsi conflitti e rivalità particolari e idiosincratiche, Putin contro l’Ucraina, Hamas contro Israele, conflitti che sul piano locale potrebbero comporsi e portarsi a razionale soluzione con buon senso e pragmatismo, ma che invece vengono caricati da chi li provoca e ne approfitta di presunti “valori” e presupposti etici contrapposti a quelli occidentali, come la lotta contro l’arroganza e il dominio occidentale, o la resistenza al colonialismo sionista. Queste guerre diventano in tal modo la premessa e la promessa di soluzioni palingenetiche, di un nuovo ordinamento globale de-occidentalizzato (“denazificato” direbbe Putin), anticapitalista e illiberale. Questi disegni totalitari di guerra ideologica vanno contrastati alla loro radice. Non si deve cedere alla logica della “guerra di religione” opponendo al loro antioccidentalismo il nostro occidentalismo, ai loro folli principi e valori i nostri principi e valori. Non si deve accettare, cioè, la provocazione del relativismo e il campo di battaglia da questo definito. Occorre invece smontare la logica stessa della “guerra di religione”, mostrarne l’irragionevolezza e l’inutilità smascherando le mistificazioni dei guerrafondai.
In questo fondamentale compito un ruolo importante lo giocano le stesse “religioni” chiamate abusivamente in causa da chi le combatte. La Chiesa Cattolica ha assunto un ruolo particolarmente attivo e propositivo in questa partita facendone parte della sua missione e intervenendo con chiarezza di intenti. È un compito difficile ma essenziale ai fini del dialogo e della pace che la Chiesa sta portando avanti con pazienza e determinazione, un compito che non viene a mio avviso adeguatamente conosciuto e apprezzato.
Questo paper si propone di dare evidenza alle iniziative assunte dalla Chiesa in rapporto al Mediterraneo e ai suoi problemi, alla necessità di promuovere il dialogo interreligioso e l’amicizia sociale tra i popoli. Il rapporto tra Chiesa e Mediterraneo ha visto di recente importanti e innovative iniziative che vorrei brevemente passare in rassegna. Esse rappresentano a mio avviso un passo avanti importante per costruire uno scenario di pace e cooperazione e una premessa fondamentale per superare l’impostazione delle guerre di civiltà o di religione smontando così il castello ideologico degli aggressori e distruttori. Esse contribuiscono anche come vedremo in seguito a ridefinire il ruolo dell’Europa nel Mediterraneo. È questa la strada principale, se non l’unica, per ridare prospettive credibili di pace al Mediterraneo e con ciò ristabilire un ordinamento internazionale fondato su regole condivise e su valori fondamentali, valori che non sono occidentali o orientali, settentrionali o meridionali, di una religione o di un’altra, ma che sono soprattutto valori genuinamente universali.
La Chiesa Cattolica e il Mediterraneo
Il Cristianesimo affonda le sue radici nel Mediterraneo ed è una delle principali religioni dei popoli che si affacciano su questo mare. La Chiesa cattolica inoltre è quella che negli ultimi decenni ha più contribuito a costruire prospettive di dialogo interreligioso e di cooperazione tra le culture del Mediterraneo. Se volessimo fissare una data e una fase storica a partire dalla quale si è avuto un particolare risveglio della vocazione mediterranea della Chiesa, direi che dovremmo collocarla nel secondo dopoguerra, quando anche nella Chiesa matura una forte reazione al nazifascismo e agli altri guasti prodotti dalle guerre mondiali e dal nazionalismo e si dà inizio ad una forte internazionalizzazione dell’attività ecclesiale. Con Pio XII la Chiesa rilancia l’universalismo della sua missione e il “sovra nazionalismo” della sua organizzazione (cfr. Pio XII 1946, cfr. anche Einaudi 1945 e P. Garonna maggio 2024). Si avvia allora un processo ampio e complesso che attraverso il Concilio Vaticano II porterà la Chiesa ad una rapida evoluzione verso il Papato di Francesco, il Papa “venuto dall’altra parte del mondo”. Il Concilio porta ad una significativa revisione del concetto di “evangelizzazione”, chiudendo tra le altre cose in modo definitivo la “cd. controversia dei riti cinesi” che rimontava addirittura al XVII secolo e all’attività missionaria di Matteo Ricci e dei Gesuiti in Cina. La Chiesa si apre alla scoperta del Vangelo nel mondo e alla ricerca della verità rivelata nella molteplicità delle culture e nella fratellanza universale.
Più precisamente porrei l’occasione e il momento di innesco della riscoperta evangelizzatrice del Mediterraneo nel giugno del 2019. A Napoli Papa Francesco tiene un importante discorso nell’ambito di un Convegno promosso dalla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (cfr. Papa Francesco 2019). Il discorso rivolto ai vescovi ai Cardinali ai professori e studenti delle Facoltà Pontificie di Teologia, introduce il concetto innovatore di “teologia del Mediterraneo”. Questo discorso fa seguito alla Costituzione Apostolica Veritatis Gaudium (cfr. Veritatis Gaudium 2018) promulgata a gennaio 2018 in cui si annuncia una profonda revisione della formazione teologica del clero nella Chiesa. Ma soprattutto fa seguito all’incontro del Papa ad Abu Dhabi col Grande Imam di Al-Azhar e alla firma dello storico documento sulla “fratellanza umana per la pace mondiale” del 4 febbraio del 2019 (cfr. Fratellanza Umana 2019).
La dotta dissertazione del Pontefice opera una sintesi creativa e prende una piega sorprendentemente innovativa perché viene a sovrapporre riforma teologica e Mediterraneo focalizzandosi sul dialogo interreligioso. Per arrivare alla pace mondiale e alla fratellanza universale occorre partire dalla teologia e nello specifico occorre sviluppare una nuova teologia del Mediterraneo. Non ci può essere teologia senza il Mediterraneo e non ci può essere Mediterraneo senza teologia. Si tratta di una teologia del dialogo e dell’accoglienza sviluppata a partire da “chi è diverso perché appartiene a una tradizione religiosa e culturale diversa dalla nostra (cfr. Papa Francesco 2019)”.
Il discorso è denso, per così dire tecnico-scientifico, essendo rivolto a specialisti. Eccone alcune citazioni o estratti (tratti da Papa Francesco 2019): un vero dialogo, un ascolto consapevole e una fraternità autentica [presuppongono] una “etnografia spirituale dell’anima dei popoli”, il discernimento di quello “Spirito di amore all’opera nella creazione e nel cuore degli uomini e delle donne di buona volontà di ogni razza, cultura e religione”. “[Dobbiamo pervenire a] una pentecoste teologica che permetta alle donne e agli uomini del nostro tempo di ascoltare nella propria lingua una riflessione cristiana che risponda alla loro ricerca di senso e di vita piena”. “La teologia per la via della misericordia [deve] difendersi dall’addomesticare il mistero”. Da cui la ferma condanna del proselitismo, del metodo del marketing, degli intenti aggressivi di confutazione, della “teologia decadente al tempo dei manuali”. Da qui una nuova pedagogia nel dialogo con l’Islam e l’Ebraismo, un nuovo metodo di organizzazione della formazione teologica, di studio, di testimonianza e di amicizia.
“Il compito della teologia è quello di andare per il mondo e di raggiungere le periferie, anche del pensiero ... per cercare nuove vie … Anche i buoni teologi, come i buoni pastori odorano di popolo e di strada e, con la loro riflessione versano olio e vino sulle ferite degli uomini”. “Ora che il cristianesimo occidentale ha imparato da molti errori e criticità del passato … può aiutare la Chiesa e la società civile a riprendere la strada in compagnia di tanti naufraghi, incoraggiando le popolazioni del Mediterraneo a rifiutare ogni tentazione di riconquista e di chiusura identitaria (tutte le citazioni sono da Papa Francesco 2019).”
Il Manifesto per una Teologia del Mediterraneo e dal Mediterraneo.
Questo discorso segna io credo uno spartiacque nella teoria e nella pratica dell’evangelizzazione, lanciando un programma ambizioso che trova nel Mediterraneo “la matrice storica geografica e culturale dell’accoglienza kerigmatica praticata con il dialogo e con la misericordia (ibid.)”. Su questa base la Conferenza Episcopale Italiana avvia nel 2020 un lavoro di ricerca e un processo di dialogo che mobilita e coinvolge a macchia d’olio le Facoltà teologiche e le Chiese di tutto il Mediterraneo aprendosi al confronto con le altre religioni e culture (cfr. tra gli altri Bassetti 2020, e Parolin 2020). Incontri vengono organizzati a Bari, a Lecce, a Firenze (dedicato a Giorgio La Pira), sostenendo e accompagnando i tanti viaggi del Papa da Lampedusa a Tirana, Sarajevo, Il Cairo, Gerusalemme, Cipro, Rabat, Malta etc., e coinvolgendo vescovi teologi studenti sindaci delle città mediterranee movimenti giovanili professionisti gente di spettacolo artisti, ecc. Cinque anni densi di riflessione, di scambi di esperienza, di confronto critico, di preghiera in comune (“Si può fare teologia soltanto in ginocchio – dice Papa Francesco, cioè pregando insieme” ibid). Fino ad arrivare a Marsiglia dove nel settembre del 2023 si tengono gli “Incontri del Mediterraneo” organizzati dal Cardinale Avelyne Arcivescovo di Marsiglia con la presenza del Papa (cfr. Avelyne 2023). Incontri ricchi di eventi, partecipazione, un festival, uno Shabbat aperto a tutti nella Sinagoga, un banchetto in Cattedrale coi migranti a testimoniare la convivialità dello stile di vita mediterraneo, etc. In questa occasione le principali Scuole di teologia lanciano un Manifesto per una teologia dal Mediterraneo, un lungo e dotto documento che segna un’ulteriore apertura del percorso: dai teologi ai popoli (cfr. Manifesto Marsiglia 2023).
Il Cardinale Avelyne approfondisce e allarga l’approccio del Papa (vedi intervista in Avelyne 2023 – le citazioni e gli estratti sono tratti da questa intervista): l’evangelizzazione non si limita a trasmettere la buona novella, ma la riceve e la accoglie, “perché il Vangelo ci arriva sempre dagli altri e da altrove”, da chi è diverso da noi, da chi viene da lontano. E “non si fa con gli slogan ma attraverso il lungo apprendimento dell’amicizia”. Vengono prima gli incontri, poi le idee – dice il Cardinale. Perché non siamo noi i responsabili della missione, ma lo Spirito, con cui noi possiamo solo, e dobbiamo, collaborare. I problemi sociopolitici del Mediterraneo, dai conflitti alle migrazioni, dalla povertà al cambiamento climatico, dall’energia all’alimentazione, “sono vissuti nel Mediterraneo, ma riguardano l’intera umanità”.
Col Manifesto, la prospettiva si allarga dalla teologia del Mediterraneo alla economia, alla politica e alla società del Mediterraneo.
Dalla teologia alla socioeconomia e alla politica del Mediterraneo.
“Come possono le religioni essere vie di fratellanza invece che muri di separazione? (Papa Francesco 2019)” questa è stata la domanda di Papa Francesco da cui è partito il discorso di Napoli e il processo della teologia del Mediterraneo. Con questo processo la Chiesa si è impegnata e si impegna a dare risposte teologiche ai problemi del Mediterraneo, risposte che non esitano a toccare le fondamenta stesse della religione e dei rapporti interreligiosi. La Chiesa apre così nuovi orizzonti per favorire la convivenza pacifica e lo sviluppo.
E tuttavia questo lavoro va accompagnato e sviluppato ora con un lavoro altrettanto importante di riflessione e di dialogo sulle condizioni economiche sociali e politiche che rendono possibile ristabilire e consolidare la coesistenza pacifica. Quali assetti sociali, quali forme di cooperazione economica, quali istituzioni politiche possono contribuire a, e garantire, la pace, lo sviluppo e la coesione tra i popoli del Mediterraneo? La palla allora passa dalla teologia alle scienze sociali. Anche in campo socioeconomico e politico si richiedono intensi e rigorosi processi di studio e di ricerca, di confronto scientifico culturale ed umano, di dialogo democratico e partecipativo per trovare risposte e soluzioni. La teologia del Mediterraneo rappresenta una premessa indispensabile di questa ricerca perché smonta un alibi e smaschera un pretesto: non esistono valori e presupposti teologici inconciliabili a giustificazione di chi fomenta odio e rancore, conflitti e animosità. Quando presupposti di questo tipo vengono addotti a giustificare “guerre sante”, violenze e tragedie umanitarie, si commettono abusi ed oltraggi contro la religione, anche quando a farlo sono “popoli che si dicono cristiani” (come dice il Papa, cfr. Papa Francesco 2019).
Come la Chiesa anche il mondo laico, la politica, l’economia e la società devono fare i loro compiti a casa. E nello svolgimento di questi compiti i credenti, i cattolici, ma anche gli ebrei gli islamici, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, hanno una particolare responsabilità, perché la teologia del Mediterraneo dà a tutti chiare indicazioni di fede e di speranza.
L’integrazione economica e sociale dall’Euromediterraneo al nuovo ordinamento regionale e globale.
Senza pretendere di avere risposte preconfezionate a questioni così complesse e di lungo termine, proverò ora a trarre alcune indicazioni che mi paiono coerenti con il pensiero della Chiesa sul Mediterraneo. Esse riguardano soprattutto l’Europa e il suo rapporto col Mediterraneo.
Anzitutto, si conferma e si rafforza la convinzione che il Mediterraneo non può essere, come sembrano ritenere le istituzioni in Europa, il confine, la barriera di separazione tra i tre continenti che il mare di mezzo lambisce e unisce: l’Europa, l’Africa e l’Asia. Questo anche per ragioni storiche filosofiche e “teologiche”, e non solo per ragioni geografiche (il Mediterraneo è troppo stretto e lungo per separare e dividere), economiche e politiche. Non si debbono, e non si possono costruire muri sul Mediterraneo. Non è il Mediterraneo che può tenere l’Europa al riparo dalla povertà, dall’instabilità, dalle migrazioni e dai conflitti. In un recente lavoro (cfr. Garonna luglio 2024) parlavo del tramonto della “oceanizzazione” del Mediterraneo, dell’illusione cioè che si possa trasformare con pattugliamenti respingimenti e militarizzazioni il Mare di mezzo in un immenso oceano. Oltre che ingiusto, questo è irrazionale ed impossibile.
La seconda indicazione riguarda gli ostacoli economici sociali e politici alla coesistenza pacifica. Questi ostacoli riguardano i popoli e i territori perché i legami non si costruiscono sull’acqua, ma sulla terraferma. Per unire tutti i popoli e i paesi che hanno la fortuna di avere le loro coste bagnate dal Grande Mare, occorre costruire rapporti di cooperazione e di integrazione economica e sociale, rapporti di investimento e finanziamento, di cultura e di istruzione, di lavoro e di svago. Ciò richiede di liberalizzare i mercati eliminando vincoli e barriere e consentendo alle famiglie e alle imprese di competere e di cooperare facendo valere i loro talenti e le loro qualificazioni, la loro libertà e il loro ingegno. Ma occorre anche e soprattutto creare istituzioni comuni capaci di fornire beni pubblici essenziali a partire dalla pace e dalla sicurezza, dall’istruzione alla ricerca, dalla protezione sociale alla cittadinanza attiva. Il “mare del meticciato” (come lo chiama Francesco) può e deve integrare non solo le culture e le religioni ma anche l’economia, le tecnologie, le risorse naturali ed ambientali, i servizi, le professioni. Dal 2008 già esiste l’Unione per il Mediterraneo, una organizzazione internazionale, basata a Barcellona che comprende 43 paesi della regione Euromediterranea. Questa organizzazione e le altre paneuropee estese al Mediterraneo, come l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), la Banca Europea per la ricostruzione e lo Sviluppo (BERD), il Consiglio d’Europa, la Comunità Politica Europea, ecc. possono e devono essere rilanciate con reali ed incisivi processi di integrazione sovranazionale.
Infine, occorre rilanciare il ruolo regionale e globale del Mediterraneo. L’Unione dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo come sappiamo abbraccia tre continenti. Significa questo che dobbiamo semplicemente spostare i confini e le barriere dal Mediterraneo all’interno dei continenti, separando quindi paesi rivieraschi e territori interni? Non verrebbe questo ad incidere negativamente sui processi di integrazione economica e sociale intra-continentali, come ad esempio l’Unione Europea o l’Unione Africana? Io credo che si debba seguire una strategia diversa, e veniamo con ciò al terzo ed ultimo punto, che riguarda l’integrazione Euromediterranea. Occorre rilanciare la dimensione Euromediterranea. Dopo un promettente avvio del processo di Barcellona (il processo di partenariato euromediterraneo) negli anni ’90, questo è entrato successivamente in crisi a causa del populismo emergente e della cosiddetta “fatica da allargamento”. L’allargamento ad Est che invece è ormai oggi all’ordine del giorno, spinto dalla minaccia russa, e perciò necessario e benefico, rischia però di sbilanciare l’Europa verso Est penalizzando il fronte meridionale. Occorre quindi spingere partenariato e integrazione anche verso Sud, il Mediterraneo e l’Africa (cfr. il cd Piano Mattei, si veda anche Ayadi et alii 2023, e Garonna 2022). Questo richiederà tempi lunghi, significativi aggiustamenti e riforme per dispiegare i suoi effetti e farne maturare le condizioni politiche. Ma parlarne e porselo come obiettivo rappresenta già di per sé un segnale importante di apertura e di stimolo alla collaborazione e al dialogo.
Naturalmente l’Euromediterraneo dovrà sovrapporsi e accompagnare l’integrazione anche lungo le dimensioni Afro-mediterranea e Arabo-mediterranea. Insomma, attraverso il Mediterraneo sarebbero tutti e tre i continenti ad avvicinarsi ed integrarsi reciprocamente, alimentando opportunità di sviluppo Est-Ovest e Nord-Sud, di stabilità e di sicurezza regionale, e creando così le premesse per un nuovo ordinamento globale più credibile e solidale.
Stiamo parlando naturalmente di processi che richiedono visioni lunghe che solo con il dialogo, lo studio, la cooperazione e l’amicizia sociale potranno maturare concretizzarsi e dare frutti nel lungo termine.
A conclusione, una citazione di David Sassoli, riportata dal Papa in uno dei discorsi tenuti a Marsiglia: “A Bagdad, nella casa della saggezza del califfo Al Ma’mun, si incontravano ebrei, cristiani e musulmani a leggere i libri sacri e i filosofi greci. Oggi sentiamo tutti, credenti e laici, la necessità di riedificare quella casa per continuare insieme a combattere gli idoli, abbattere muri, costruire ponti dare corpo ad un nuovo umanesimo … Basta avere paura dei problemi che ci sottopone il Mediterraneo! … Per l’Unione Europea e per tutti noi ne va della nostra sopravvivenza” (Sassoli 2020).
Poggiando sulle solide basi della teologia del Mediterraneo e sulla visione universalistica della Chiesa di Roma, i cattolici, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, potranno dare un significativo contributo a questi processi.
Riferimenti bibliografici
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Ayadi et alii 2023, Europe after the War. Financial Cooperation for Pan-European Euro-Mediterranean and EU-Africa Integration, a cura di Ayadi R., Garonna P. e Svilanovic G., Centre for European Policy Studies (CEPS) and Euro-Mediterranean Economists Association. Bruxelles e Barcellona, febbraio 2023
Bassetti G. 2020, “La Chiesa e il Mediterraneo”, Intervento del Card. Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, al Convegno di Bari, Bari, 20 febbraio 2020
Einaudi L. 1945, “Sovranazionale, non internazionale”, in Risorgimento liberale, Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 27 dicembre 1945
Fratellanza Umana 2019, Papa Francesco e Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato in occasione del viaggio apostolico di SS Francesco negli Emirati Arabi Uniti, 3-5 febbraio 2019
Garonna P. 2022, “EU-Africa Relationships: Resetting the Agenda for a New Relationship of Long-Term Friendship”, in GuestAdhoc, Centres for European Policy Network (CEP), Friburgo, Berlino, Parigi, Roma, n.1, 16 August 2022.
Garonna P. maggio 2024, “Europe at war and after the war: the origin of the European League for Economic Cooperation and the future of Europe”, pubblicato a cura di The European League for Economic Cooperation - ELEC, Brussels, maggio 2024
Garonna P. luglio 2024, “La prospettiva Euromediterranea per uscire dalla crisi geopolitica europea e globale”, in Paganetto L. (ed.), L’Europa ad una svolta, Eurilink University Press, Roma, luglio 2024
Manifesto Marsiglia 2023, Per una teologia dal Mediterraneo, Manifesto, promosso da 19 Facoltà teologiche del Mediterraneo, Marsiglia, settembre 2023
Papa Francesco 2019, “Discorso del Santo Padre Francesco”, in occasione del Convegno “La teologia dopo Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo”, promosso dalla Pontificia Facoltà Teologica dell’ìItalia Meridionale – sezione S.Luigi, Napoli, 21 giugno 2019
Parolin P. 2020, “Discorso”, in occasione della presentazione dei volumi: Essere mediterranei, fratelli e cittadini del Mare Nostro, e Fratellanza”, Roma 1° febbraio 2020
Pio XII 1946, Address of His Holiness Pius XII to the new Cardinals, Città del Vaticano, 20 febbraio 1946
Sassoli D. 2020, Discorso in occasione dell’incontro di riflessione e spiritualità Mediterraneo frontiera di pace, Presidenza del Parlamento Europeo, Bari, 22 febbraio 2020
Veritatis Gaudium 2018, “Costituzione Apostolica Veritatis Gaudium di Papa Francesco circa le Università e le Facoltà ecclesiastiche”, Bollettino Sala Stampa della Santa Sede, Città del Vaticano, 29 gennaio 2018
Roma, luglio 2024
Paolo Garonna è professore di politica economica presso l’Università Luiss G. Carli di Roma e presidente della European League for Economic Cooperation - Italia