L’automazione dell’economia della conoscenza e l’erosione della classe media
Negli anni 2023-2025, i progressi rapidissimi dell’intelligenza artificiale generativa hanno portato l’automazione in ambiti cognitivi un tempo riservati all’ingegno umano qualificato. L’evento simbolo di questa svolta è stato il rilascio di ChatGPT a fine 2022, che ha mostrato al grande pubblico la capacità di un’IA di svolgere compiti complessi come scrivere testi, creare immagini o persino programmare codice. A differenza delle ondate tecnologiche precedenti – si pensi ai robot industriali concentrati in fabbrica – l’IA odierna può permeare tutti i settori e le professioni, senza limitarsi ai lavori manuali o ripetitivi. Si tratta di un cambiamento di portata strutturale: l’automazione nella produzione di conoscenza non solo promette aumenti di produttività, ma solleva profonde preoccupazioni sul futuro del lavoro qualificato, sul ruolo della classe media nelle economie avanzate e sulla coesione sociale. Di fronte a questa rivoluzione in corso, è cruciale analizzare come l’IA stia colpendo le professioni come quelle di manager, analisti, avvocati, insegnanti e altri “colletti bianchi”, e in che modo ciò stia trasformando la struttura sociale nei paesi OCSE, incidendo sulla mobilità sociale, sul valore dell’istruzione e alimentando una domanda politica di protezione.
Rassegna della stampa tedesca #132
Quello che segue è il Monitoraggio della stampa tedesca, curato dalla redazione di Stroncature, su commissione della Fondazione Hanns Seidel Italia/Vaticano. Il monitoraggio ha cadenza settimanale ed è incentrato sui principali temi del dibattito politico, economico e sociale in Germania. Gli articoli sono classificati per temi.
Stroncature produce diversi monitoraggi con taglio tematico o geografico personalizzabili sulla base delle esigenza del committente.
"I tribunali mercantili nei comuni italiani Giustizia, politica, economia (secoli XII-XV)" di Elena Maccioni
La presentazione del volume di Elena Maccioni, I tribunali mercantili nei comuni italiani dal XII al XV secolo. Giustizia, politica ed economia (Viella, 2024), ha offerto l’occasione per affrontare alcuni nodi concettuali e storiografici centrali nella rilettura della giustizia mercantile in età comunale. Il primo nodo riguarda la natura ibrida di questi tribunali: istituzioni formalmente giurisdizionali ma strettamente connesse al potere urbano, espressione della rappresentanza politica e sociale delle élite mercantili. Lo studio mostra come il confine tra diritto e politica, tra amministrazione della giustizia e difesa di interessi di gruppo, sia costitutivo di queste istituzioni, le quali operano come attori politici, più che come meri organi di risoluzione delle controversie.
Un secondo nodo rilevante concerne la dimensione comparativa della ricerca. Il volume non si limita ad analizzare casi emblematici, ma costruisce un quadro interpretativo esteso che attraversa aree marittime (Genova, Venezia), città della pianura padana (Piacenza, Parma, Verona, Milano) e il contesto toscano (Firenze, Siena, Pisa), ponendo l’accento sulle differenze strutturali tra sistemi politici cittadini, composizione sociale delle élite mercantili e grado di precocità dello sviluppo economico. L’opera arricchisce e complica la distinzione proposta da Mario Ascheri tra tribunali “marittimi” e “dell’entroterra”, mostrando che le varianti istituzionali derivano piuttosto dall’interazione tra strutture istituzionali comunali e forme locali di organizzazione produttiva.
Un terzo nodo è quello dell’approccio metodologico. Maccioni recupera e rielabora una mole cospicua di studi precedenti, molti dei quali risalenti all’Ottocento e al primo Novecento, riuscendo a rileggerli attraverso le categorie interpretative della storiografia contemporanea. Questo lavoro di mediazione tra erudizione storica e sensibilità storiografica attuale permette di far dialogare fonti normative, statutarie e giudiziarie con le trasformazioni politiche e sociali che attraversano le città italiane tra Due e Trecento. Il libro mostra come il rapporto tra giustizia mercantile e autorità pubblica sia legato, in ciascun caso, a percorsi specifici di costruzione del potere urbano, nonché a pratiche differenti di conservazione e produzione documentaria.
Infine, il libro pone questioni aperte sul piano delle prospettive di ricerca. L’attenzione ai meccanismi interni delle magistrature, ai loro funzionari, alle logiche di selezione e alle forme di interazione con gli altri uffici cittadini (non solo mercantili) apre la possibilità di indagini prosopografiche, di storia sociale della giustizia e di analisi delle culture documentarie. Il caso genovese, segnato dalla dispersione archivistica e dall’assenza di una tradizione di conservazione istituzionale, diventa un laboratorio per riflettere sul rapporto tra potere, scrittura e oblio. In questo senso, il volume di Maccioni non solo ricostruisce una rete di istituzioni giuridiche e politiche poco studiate, ma interroga le condizioni stesse della loro visibilità storiografica.
"Simone Weil" di Michela Nacci
Stroncature | Simone Weil, tra esperienza, pensiero e radicalità
La presentazione del volume Simone Weil di Michela Nacci (Carocci, 2024) ha posto al centro dell’attenzione una figura intellettuale che sfugge per natura a ogni semplificazione. Il libro ricostruisce in modo serrato e documentato l’intero percorso esistenziale e teorico di Weil, non per isolarla in una biografia eccezionale, ma per reinserirla pienamente nella storia del pensiero politico del Novecento. La scelta metodologica è chiara: fare dialogare l’opera con il contesto, gli ambienti, i riferimenti culturali — e rimettere in questione la lettura mitografica della filosofa come pensatrice “unica”, “mistica”, “impolitica”.
Michela Nacci mostra come le categorie usate da Weil siano profondamente politiche: oppressione, libertà, potere, classe, lavoro, Stato. A partire dalla formazione sindacalista rivoluzionaria, attraversa esperienze biografiche radicali (la fabbrica, la guerra civile spagnola, la resistenza francese) e arriva a costruire un pensiero che fonde etica, religione e critica sociale. La presentazione ha evidenziato la centralità dell’elemento esperienziale nella filosofia di Weil: la verità non si deduce, si vive — ed è per questo che vita e pensiero si intrecciano in modo indissolubile.
L’intervento di Paola Cattani ha richiamato l’attenzione sulla tensione permanente tra etica e politica, tra radicalismo e spiritualismo, sottolineando come Weil affronti il tema della decadenza non da una prospettiva ideologica, ma attraverso una riflessione sulla perdita di senso, di comunità, di radicamento. Non si tratta di nostalgia, ma di un’esigenza di “verità incarnata” nella vita, nel lavoro, nell’obbedienza stessa, intesa come libertà spirituale. Il confronto con autori come Camus, Bernanos, Peguy e i non conformisti francesi rivela come Weil partecipi a una genealogia intellettuale più ampia e controversa.
Davide Cadeddu ha insistito sulla necessità di riportare a unità le due anime di Weil – quella sociale e quella mistica – rifiutando la dicotomia tra prima e seconda fase. Il libro di Nacci riesce, secondo Cadeddu, a restituire un’immagine coerente di una pensatrice radicalmente individuale, che sperimenta sulla propria carne il significato di giustizia, libertà, verità. Un'individualità che si confronta costantemente con le strutture collettive – Stato, partito, Chiesa – senza mai aderirvi pienamente, ma nemmeno rifiutandole in astratto: ciò che conta è la funzione, non il nome. In questa tensione tra individuo e collettivo, Weil definisce il bisogno di verità come esigenza antropologica primaria, da perseguire nella concretezza dell’esistenza e nell’azione.
L’autrice ha ricordato che Simone Weil non è né nostalgica né reazionaria, ma attraversa e supera le categorie moderne: la sua critica alla modernità si traduce in un vitalismo etico, non in un ritorno al passato. L’opera di Nacci, nella sua capacità di contestualizzazione senza adesione acritica, si inserisce nel solco di rari studi che riescono a leggere Weil con distacco analitico, restituendone la complessità. La persistenza della ricezione di Weil – al di fuori di ogni moda – mostra quanto la sua figura, pur marginale e anomala, continui a esercitare un’influenza significativa nel dibattito intellettuale contemporaneo.