Ma il decoupling è realmente possibile?
Lo scorso venerdì l’amministrazione Trump ha promesso una esenzione ai dazi sulla Cina per il settore degli smartphone e dei computer. Tradotto, Apple potrà continuare a tenere in piedi la sua filiera globale che ha come punto ultimo della produzione quelle fasi di assemblaggi fatte in Cina, per le quali gli iphone risultano un prodotto esportato dalla Cina, quantomeno nelle statistiche del commercio internazionale. Ciò vuol dire che i poteri dormienti e gli interessi per mantenere aperti i legami tra Cina e Stati Uniti, che si sono formati in decenni di cooperazione economica, si sono mossi per limitare i danni. Per questo viene da chiedersi, se il disaccoppiamento è realmente possibile.
Report
Il “decoupling” tra Stati Uniti e Cina
Il progressivo “decoupling” tra Stati Uniti e Cina – ossia il parziale sganciamento delle due maggiori economie mondiali – ha preso forma a partire dalla guerra commerciale lanciata dall’amministrazione Trump nel 2018 e si è esteso negli anni successivi ai campi tecnologico, finanziario e strategico. Fin dall’inizio, Washington ha giustificato le misure restrittive con motivi di sicurezza nazionale e di riequilibrio commerciale, accusando Pechino di pratiche sleali (furto di proprietà intellettuale, sussidi industriali, trasferimenti forzati di tecnologia). Pechino ha risposto irrigidendo la propria postura, convinta di trovarsi in una competizione esistenziale per la supremazia economica e tecnologica. Ne è emerso uno sforzo bilaterale di ridefinizione dei legami economici, che a distanza di anni sta ristrutturando le catene del valore globali e imponendo scelte difficili a Paesi terzi, Unione Europea in primis. Di seguito analizziamo questo processo in chiave evolutiva e sistemica, fino alle implicazioni più recenti (aggiornate al 10 aprile 2025), con particolare attenzione agli effetti sulla Cina, sugli Stati Uniti e sull’Europa (Francia, Germania, Italia). Il linguaggio adottato è tecnico-economico ma volutamente chiaro e accessibile, per descrivere in forma narrativa e coesa un fenomeno complesso e in rapida evoluzione.
Punti cardinali
"La strettoia" di Daron Acemoglu e James A. Robinson
Nel libro The Narrow Corridor. States, Societies, and the Fate of Liberty, Daron Acemoglu e James A. Robinson propongono una teoria dinamica della libertà, fondata sull’equilibrio tra Stato e società. La tesi centrale del volume è che la libertà politica non nasce spontaneamente, ma si sviluppa solo quando lo Stato è sufficientemente forte da garantire l’ordine e i diritti, e la società è abbastanza organizzata da limitarne il potere. Questo equilibrio si realizza in uno spazio definito “corridoio stretto”, una zona in cui Stato e società si rafforzano reciprocamente senza che uno prevalga sull’altro. Gli autori evidenziano che la libertà non è una condizione statica, ma un processo di coevoluzione istituzionale, caratterizzato da tensioni e conflitti regolati. Il libro analizza storicamente e comparativamente le diverse traiettorie attraverso cui le società entrano o escono dal corridoio, mettendo in luce che né la forza dello Stato né l’autonomia sociale sono da sole sufficienti. Il corridoio è stretto proprio perché pochi Paesi vi si trovano, ed è fragile perché si può uscirne facilmente. La libertà è un esito incerto, reversibile, continuamente sottoposto a minacce interne ed esterne. Il modello proposto si oppone sia alle teorie che vedono lo Stato come necessariamente oppressivo, sia a quelle che auspicano una società libera da ogni forma di autorità centrale. Secondo gli autori, ogni percorso di libertà richiede un Leviatano forte, ma incatenato dalla società. Il libro è un tentativo di spiegare perché la libertà sia rara, difficile da costruire e complessa da mantenere, senza ricorrere a determinismi culturali o geografici. Lo Stato e la società devono crescere insieme, in una relazione di conflitto strutturato e bilanciato, pena la deriva verso l’anarchia o l’oppressione.
"La tirannia del merito" di Michael J. Sandel
Nel libro The Tyranny of Merit: What’s Become of the Common Good?, Michael J. Sandel analizza in modo critico l’ideologia meritocratica che ha assunto un ruolo dominante nel discorso pubblico e nelle istituzioni delle democrazie liberali occidentali. L’autore sostiene che il merito, presentato come criterio oggettivo per distribuire riconoscimenti, premi e opportunità, ha finito per legittimare le disuguaglianze, erodere la coesione sociale e produrre una profonda frattura tra élite e classi popolari. Il testo si apre con la crisi pandemica da Covid-19 come simbolo di una società impreparata non solo dal punto di vista logistico, ma anche morale. L’accento posto sulla responsabilità individuale, sulla retorica della “scalata sociale” e sull’autosufficienza, ha reso più difficile sviluppare una cultura del bene comune e della solidarietà. Sandel propone di rivedere la concezione stessa di successo e fallimento, mettendo in discussione l’idea che i vincenti lo debbano esclusivamente al loro talento. L’obiettivo dell’autore è riportare al centro del dibattito la nozione di giustizia sociale fondata sul riconoscimento reciproco, sul rispetto per ogni tipo di lavoro e sul rafforzamento delle istituzioni democratiche.
"I tribunali mercantili nei comuni italiani Giustizia, politica, economia (secoli XII-XV)" di Elena Maccioni
Il prossimo 14 aprile alle 16:00, Stroncature ospiterà la presentazione del libro "I tribunali mercantili nei comuni italiani Giustizia, politica, economia (secoli XII-XV)" di Elena Maccioni (Viella, 2024). Questo saggio esamina l’origine e l’evoluzione delle universitates mercantili tra il XII e il XIII secolo nelle città del centro-nord Italia e oltre. Queste entità, dalla natura poliedrica e sfuggente, rivestirono forme diverse come tribunali, corporazioni o uffici comunali, giocando spesso un ruolo cruciale nelle vicende politiche locali e regionali. Il testo utilizza un approccio comparativo per delineare le varie tipologie di universitates, analizzando le loro modalità di azione e le funzioni politiche, diplomatiche, giudiziarie e amministrative. Attraverso questa analisi, l’opera offre una visione dettagliata delle complesse dinamiche di potere che si sviluppano in concomitanza con l’affermazione dei comuni podestarili e popolari e dei domini signorili. Il risultato è una comprensione approfondita delle dinamiche della vita associativa tardomedievale, alimentata da un costante dialogo tra le esigenze della giustizia, della politica e dell’economia, rivelando così l’essenza vibrante e multifacetata delle universitates mercantili in un periodo chiave della storia italiana. Con l'autrice dialogheranno: Giuseppe Seche (Università di Cagliari) e Laura Righi (Università di Modena e Reggio Emilia). Modererà l'incontro Riccardo Pennisi. Per partecipare è necessario registrarsi.
ELEATICHE
Impatto delle tariffe americane sulle filiere industriali italiane
L’industria italiana si confronta oggi con un cambiamento strutturale degli equilibri economici internazionali. L’adozione da parte degli Stati Uniti di misure tariffarie generalizzate e selettive, l’intensificarsi del decoupling strategico con la Cina e la crescente regionalizzazione delle catene di fornitura stanno ridefinendo le condizioni di accesso ai mercati, la struttura delle filiere produttive e le logiche della competitività. In questo scenario, l’Italia – paese manifatturiero integrato nei flussi transatlantici ed euroasiatici – si trova esposta sia a impatti diretti (perdita di quote di mercato, incremento dei costi) sia a ricadute indirette (ristrutturazione delle supply chain, pressioni sulle PMI, riallocazione di investimenti).