Punti cardinali #80
La ricerca accademica internazionale è il luogo dove nascono i concetti che definiscono il nostro tempo e dove vengono forgiati gli strumenti per leggere la realtà. Eppure, l’accesso a questa fonte strategica è bloccato da barriere strutturali: la complessità delle opere originali, la loro assenza nel mercato italiano e i costi proibitivi dei volumi specialistici.
Punti Cardinali nasce per abbattere queste barriere.
Mettiamo a disposizione degli abbonati schede analitiche rigorose, progettate per estrarre il nucleo teorico delle opere più rilevanti. Per gli abbonati, questo si traduce in un vantaggio intellettuale immediato: significa assimilare modelli e categorie che richiederebbero settimane di studio, aggirando i costi e le barriere linguistiche.
Significa fare proprio il meglio del pensiero globale, acquisendo una profondità di analisi che l’informazione generalista non potrà mai garantire.
In questo numero: l’analisi di 3 nuove opere appena pubblicate dalle maggiori case editrici accademiche.
Abbonati ora per leggere i nuovi volumi e sbloccare l’intero archivio con migliaia di titoli in ogni ambito disciplinare.
“Agents in the Long Game of AI” di McShane, Nirenburg, English (The MIT Press, 2024)
“In Agents in the Long Game of AI. Computational Cognitive Modeling for Trustworthy, Hybrid AI” (The MIT Press, 2024), Marjorie McShane, Sergei Nirenburg e Jesse English mettono a fuoco una questione che attraversa ormai ogni discussione pubblica e professionale sull’intelligenza artificiale: che cosa significa, oggi, poter “fidarsi” di un sistema che prende decisioni, formula raccomandazioni, interpreta linguaggio e segnali, e interagisce con le persone in contesti dove l’errore non è un semplice inconveniente ma un rischio. Il libro nasce dentro questa tensione: da un lato, la potenza dei metodi data-driven e l’impressione, spesso alimentata dalla qualità superficiale delle risposte, che alcuni problemi siano “risolti”; dall’altro, la difficoltà di trasformare prestazioni statistiche in competenza funzionale, e soprattutto in condotte verificabili, spiegabili, correggibili. La prospettiva proposta non consiste nel rigettare l’apprendimento automatico, ma nel chiedere quali componenti manchino perché un agente artificiale possa operare come partner affidabile, capace di rendere trasparenti i passaggi che lo portano a una scelta, di dichiarare quando sta andando oltre le proprie certezze e di apprendere in modo cumulativo. È in questo spazio—tra promessa tecnologica e responsabilità operativa—che gli autori collocano la loro scommessa: trattare l’IA come un “gioco lungo”, dove la fiducia non è un’etichetta ma un esito che deriva da architettura, rappresentazioni, conoscenza e metodi di sviluppo.
“AI: Unexplainable, Unpredictable, Uncontrollable” di Roman V. Yampolskiy, (CRC Press, 2024)
In AI: Unexplainable, Unpredictable, Uncontrollable (CRC Press, 2024) Roman V. Yampolskiy propone una tesi di fondo che rovescia un’aspettativa ormai diffusa: non basta chiedersi come rendere l’intelligenza artificiale “più potente”, perché l’aumento di potenza tende a portare con sé una perdita strutturale di trasparenza, prevedibilità e governabilità. Il libro invita a guardare l’AI non come un semplice insieme di tecniche, ma come un oggetto teorico e sociale che apre domande radicali: che cosa significa “controllare” un agente più capace di noi; che cosa possiamo davvero sapere delle sue decisioni; che cosa vuol dire attribuire responsabilità, proprietà e persino status morale a un sistema che agisce in ambienti complessi. In questo quadro, Yampolskiy non si limita a elencare rischi o a chiedere prudenza: cerca di capire se alcune ambizioni – come la piena sicurezza, l’allineamento stabile o la “spiegazione” completa – non siano intrinsecamente limitate, talvolta in modo analogo ai limiti che la matematica e l’informatica hanno già imposto ad altre pretese di certezza. Il lettore è così portato a considerare l’AI come un laboratorio in cui si misurano, insieme, capacità tecniche e limiti epistemici, aspettative politiche e vincoli logici, promesse di progresso e possibilità di fallimento sistemico.
“All Things Are Full of Gods: The Mysteries of Mind and Life” David Bentley Hart (Yale University Press, 2024)
Il libro di David Bentley Hart mette a tema uno dei punti più delicati del pensiero moderno: come collocare la mente—coscienza, intenzionalità, ragione, libertà—dentro l’immagine del mondo prodotta dalle scienze contemporanee. Non si tratta, però, di un esercizio scolastico sul “problema mente-corpo”, né dell’ennesima rassegna di teorie concorrenti. L’ambizione è più radicale: interrogare le premesse stesse che, negli ultimi secoli, hanno reso la mente un enigma quasi insolubile, fino a trasformare molte filosofie della mente in un’arte della riformulazione del problema più che in un tentativo di chiarimento. Pubblicato nel 2024 da Yale University Press, All Things Are Full of Gods: The Mysteries of Mind and Life prende posizione contro l’idea—divenuta spesso un riflesso culturale prima che una conclusione argomentata—che il reale ultimo sia un ordine materiale privo di interiorità, e che la coscienza debba dunque essere un sottoprodotto, un’illusione utile o un rompicapo destinato a restare tale. Hart propone invece di guardare alla mente come a un dato primario e ineludibile, e di ricostruire da qui un quadro ontologico più ampio in cui “mente”, “vita” e “linguaggio” non siano anomalie in un universo inerte, ma indizi di una struttura del reale più vicina a ciò che le esperienze mentali mostrano di essere.




