Ieri qui si è provato a sostenere un tesi e cioè che il populismo, la polarizzazione del discorso politico, la delegittimazione di una parte della classe politica e il ruolo che in tutto ciò giocano i social media, sono in realtà degli epifenomeni di una movimento più profondo, vale a dire il passaggio dalla società fordista a quello digitale, che è simile come logica al passaggio che c’è stato tra la civiltà contadina e quella industriale, con tutte le lacerazioni, scontri drammi che si sono protratti per un secolo e mezzo. Il passaggio che stiamo vivendo, diverso per intensità, velocità ed impatto, rispetto al procedente, ha l’effetto di spiazzare grosse fette dell’opinione pubblica che nel mondo che verrà non vedono per loro un domani, di qui la paura del futuro e la voglia di tornare indietro. Tuttavia, se la fonte delle ansie collettive è in questo passaggio strutturale, questo non vuol dire che la politica debba avere un ruolo passivo, come una variabile dipendente. Al contrario. Prima di procedere oltre, è necessario però porsi una domanda, anche se è bella grossa. Che cos’è la politica?
© 2024 Stroncature
Substack è la casa della grande cultura