Lo scorso 25 settembre, su Stroncature è stato presentato il diciannovesimo seminario di “VECCHI E NUOVI MONDI”, "Schiavitù e dipendenza personale fra Africa occidentale e diaspora atlantica (secoli XV-XIX)".
La schiavitù ha avuto un ruolo significativo nella storia dell’Africa occidentale, influenzando sia le dinamiche sociali interne che le relazioni esterne, particolarmente evidenti dal tardo XVII secolo al XIX secolo, periodo durante il quale l’Africa occidentale e la regione congolese-angolana diventarono i principali punti di esportazione di schiavi oltre l’Atlantico. La regione Akan, che comprende parti degli attuali Ghana e Costa d’Avorio, è un esempio saliente, dove la schiavitù era spesso il risultato di guerre, condanne giudiziarie o debiti. Le società Akan riconoscevano vari livelli di schiavitù, con alcuni schiavi che subivano severe privazioni e altri che mostravano gradi di integrazione sociale.
Gli schiavi deportati dalla regione Akan erano conosciuti nelle Americhe come “Mina” o “Coromantee”, nomi derivati dai principali mercati di Elmina e Kormantse. Questi termini, assunti dagli schiavi stessi, riflettevano una nuova identità comunitaria influenzata dalla cultura Akan, lasciando un’impronta duratura nella storia e nella cultura delle comunità nere nel Caraibi, in America Latina e, in parte, nel Nord America.
L’abolizione della tratta atlantica degli schiavi all’inizio del XIX secolo ridusse le deportazioni, ma aumentò la domanda di manodopera schiava all’interno della stessa regione Akan. Con il tempo, emersero movimenti antischiavisti e pressioni per l’emancipazione, specialmente nelle aree costiere e nei centri urbani. Le leggi abolizioniste introdotte durante l’occupazione coloniale da parte di Gran Bretagna e Francia riconobbero i diritti fondamentali degli individui, tentando di eliminare la schiavitù e fornendo strumenti legali per la rivendicazione della libertà. Tuttavia, il processo di emancipazione fu lento e spesso inefficace, con la pratica della schiavitù e del pegno che sopravvisse per decenni nonostante i cambiamenti socio-economici in Ghana e Costa d’Avorio. Questa eredità persiste ancora oggi nella memoria collettiva delle società Akan.
Illustra il prof. Pierluigi Valsecchi dell'Università degli Studi di Pavia. Introducono: Marco Natalizi, Emiliano Beri, Chiara Vangelista direttrice della collana.
Pierluigi Valsecchi è professore ordinario di Storia dell'Africa all’Università di Pavia. Ha insegnato in precedenza nelle Università di Urbino e Teramo. Studente e poi perfezionando di Storia alla Scuola Normale Superiore di Pisa (1975-85), è stato ricercatore presso l'Istituto per le Relazioni coi Paesi dell'Africa, America Latina e Medio Oriente (IPALMO) di Roma, dove si è interessato di questioni relative allo Stato postcoloniale in Africa e al processo di mutamento politico-istituzionale in Sud Africa. Dal 1987 conduce regolare attività di ricerca, in archivio e sul campo, in Africa occidentale (specialmente in Ghana), approfondendo temi di storia politica e sociale fra i secoli XVII e XX (in particolare: formazione degli Stati, dipendenza personale e schiavitù, autorità tradizionali). Ha pubblicato diversi saggi e volumi, fra cui Power and State Formation in West Africa. Appolonia from the 16th to the 18th Century (2011) e Africa: la storia ritrovata, (2016, con G.P. Calchi Novati) e ha curato con Fabio Viti) Mondes Akan/Akan Worlds. Identity and Power in West Africa (1999).
Schiavitù e dipendenza personale fra Africa occidentale e diaspora atlantica (secoli XV-XIX)